mercoledì 29 giugno 2016

GW151226: il secondo evento

Come dicevo in un post precedente, la seconda rivelazione di onde gravitazionali è profondamente diversa dalla prima: per capire come mai, e per capire che tipo di conseguenze ha, conviene partire dalla prima figura dell'articolo che mostra il segnale GW151226 ed una serie di grafici esplicativi:
L'evento GW151226 così come è stato registrato all'osservatorio di Hanford (a sinistra) e a quello di Livingston ( a destra), Nella terza riga si osserva il rapporto SNR in funzione del ritardo tra dati e template; la seconda riga è l'integrale della seconda. Infine, nella quarta riga, gli spettrogrammi dei due segnali.
I grafici in cima rappresentano la forma del segnale ricevuto nei siti di Hanford e Livingston, sovrapposti ai segnali così come sono ricostruiti dagli algoritmi di ricerca. I grafici in basso rappresentano invece l'evoluzione della componente in frequenza in funzione del tempo. Come si nota, ad occhio nudo è praticamente impossibile riconoscere la presenza di un segnale, tranne che nel grafico in basso a sinistra, dove invece si intravade una traiettoria chiara rivolta verso l'alto che è la tipica impronta della coalescenza tra due oggetti massicci.
Eppure, già 70 secondi dopo l'evento il sistema di analisi on-line di Ligo aveva prodotto un primo allarme.
Come è stato possibile questo? La risposta è semplice, e sta nella parola correlazione. I fisici della Ligo-Virgo collaboration hanno da tempo predisposto una banca dati di templates, ovvero delle possibili forme che può assumere un segnale di onde gravitazionali. Questa banca dati deve essere sufficientemente dettagliata da permettere di riconoscere anche segnali non esattamente uguali a quelli presenti nel database, ma non eccessivamente dettagliata per evitare di rendere il processo di ricerca eccessivamente lento. A questo punto, i vari template vengono fatti scorrere sul segnale osservato, e per ogni posizione relativa viene calcolata la correlazione tra il template stesso ed i dati osservati. Se nei dati non è presente una colaescenza, o se è presente una coalescenza che non è descritta dal template preso in considerazione, o ancora se la coalescenza e il segnale non si sovrappongono perfettamente, il risultato della correlazione è un numero casuale; ma se invece nei dati è presente una coalescenza; se questa coalescenza somiglia al template preso in considerazione, allora nell'istante in cui template e coalescenza coincidono si ottiene un massimo della correlazione.
Il valore della correlazione, opportunamente normalizzato, è detto rapporto segnale /rumore, o SNR (signal to noise ratio). Il risultato di questo processo è visibile nella terza riga, a partire dall'alto: come si vede in corrispondenza dell'istante della coalescenza il rapporto segnale/rumore assume un valore estremamente alto. Nella seconda riga, la presenza della coalescenza è visibile come un gradino improvviso. In questo modo un segnale apparenemente invisibile viene fatto risaltare dall'algoritmo appropriato.
E' importante sottolineare come altri algoritmi, meno sensibili, ma con minori pregiudizi sulla forma d'onda attesa, non siano stati in grado di individuare il segnale
Ma il fatto che ad un certo istante il SNR assuma un valore particolarmente alto non significa per se che il segnale rivelato sia una coalescenza: è necessario innanzitutto che in entrambi i rivelatori il vedano il segnale in un intervallo di tempo inferiore a quello che la luce impiega a viaggiare da uno all'altro, ed è necessario verificare che la probabilità di ottenere valori alti per caso risulti estremamente bassa.
Per questo, i dati dei due interferometri vengono combinati tra di loro in modo da ottenere un valore unico del SNR: in particolare vengono adoperati due metodi, leggermente differenti, che si basano sull'uso della stessa banca di templates: in entrambi i casi il segnale viene osservato con un SNR di circa 13.
Per determinare la probabilità che la coincidenza tra i due rivelatori sia dovuta ad un fenomeno casuale, si procede come è stato fatto pr GW150914: ovvero si introduce un ritardo, grande, ma arbitrario, tra i dati dei due rivelatori, e si rianalizza tutto alla ricerca di coincidenze. In questo modo si determina che la significatività dell'evento è sicuramente maggiore di 5 s.
La distribuzione del fondo e dei delle coincidenze a ritardo nullo (punti arancioni) per ciascuno dei due algoritmi adoperati. La linea nera è ottenuta adoperando tutti i dati, tranni quelli relativi a GW150914; la linea viola è stata ottenuta escludendo anche GW151226.

A questo punto rimangono da determinare i parametri dell'evento, ovvero le masse e gli spin dei due buchi neri, e del buco nero finale, la distanza dell'evento e la sua collocazione nella volta celeste.
A questo scopo, i dati vengono nuovamente confrontati con un ulteriore database contenente una simulazione più dettagliata della coalescenza. Inoltre i dati vengono combinati tra di loro tenendo conto della possibile direzione di provenienza dell'onda e del diverso orientamento dei due rivelatori.
Come si diceva, l'evento è estremamente diverso da GW150914: infatti dura molto di più (circa 1 secondo) di cui però solamente gli ultimi 0,1 secondi appartengono alla coalescenza vera e propria, mentre la sua ampiezza è circa 10-22, più piccola del rumore tipico dell'interferometro: di conseguenza la fase di spiraleggiamento è ben conosciuta, mentre il "merging" dei due oggetti è meno definito: di conseguenza mentre la "massa di chirp" che domina la prima fase è ben conosciuta, il rapporto tra le masse, che dipende dai dettagli della coalescenza, è meno conosciuto: tuttavia la precisione è tale da consentire di escludere l'ipotesi che il più leggero degli oggetti coinvolti sia una stella di neutroni.
Nuovamente, si sente la mancanza della presenza di un terzo interferometro funzionante in grado di rivelare l'evento: infatti non solo la localizzazione del punto di provenienza è scarsa (circa 850 gradi quadrati), ma il fatto che i due interferometri che costituiscono LIGO siano pressocché allineati impedisce di ricostruire la polarizzazione del segnale, e di conseguenza l'inclinazione del piano dell'orbita e la distanza della sorgente.
Riassumendo, i due buchi neri originali sembrano avere una massa compresa tra 10 e 22 masse solari (il più massiccio), e tra 5 e 12 masse solari (il meno massiccio), mentre il buco nero finale ha una masa tra 19 e 27 masse solari; nel processo di coalescenza viene persa circa una massa solare che viene emessa sotto forma di energia dell'onda gravitazionale: si tratta di una energia pari a circa un terzo di quella emessa da GW150914. Lo spin del buco nero finale è circa il 74% del valore massimo consentito dalla teoria della relatività: inoltre si dimostra come almeno  uno dei buchi neri iniziali possieda uno spin pari ad almeno il 20% del valore massimo ammesso: è la prima volta che viene effettuata una misura di questo tipo.
La distanza, come si diceva, è molto poco determinata, e risulta compresa tra 250 e 620 Mpc.

Insomma, il secondo evento di LIGO, pur non essendo chiaro e potente come il primo, consente tuttavia di aumentare le nostre conoscenze sulla fisica dei buchi neri e sulle loro coalescenze. Ci aspettiamo altre sorprese nel breve futuro.




giovedì 16 giugno 2016

Il regalo di Natale

Per chi si occupa di onde gravitazionali, il regalo di Natale 2015 è arrivato con un giorno di ritardo: infatti il 26 Dicembre, Santo Stefano per noi Italiani, e Boxing Day per gli anglosassoni, alle 3 del mattino ora di Greenwich, l'osservatorio LIGO ha registrato un secondo chiaro evento proveniente dal collasso di due buchi neri.
Il 26 Dicembre 2015 solamente pochi al mondo sapevano della prima osservazione di LIGO, e ancor meno erano effettivamente convinti del fatto che si trattasse della prima osservazione di un'onda gravitazionale. In dubbio sul da farsi, la comunità LIGO-VIRGO ha deciso di concentrare i propri sforzi sul primo degli eventi, tralasciando per il momento il secondo per evitare di ritardare la pubblicazione dei risultati. Non che ci fosse concorrenza, ovviamente, solamente si voleva evitare che un eccessivo ritardo nella pubblicazione favorisse la fuga di notizie, alimentando quel chiacchiericcio e gossip che negli ultimi anni, grazie alla potenza del web, ha caratterizzato molte delle scoperte importanti degli ultimi anni.
L'annuncio di una seconda rivelazione, che a questo punto si spera possa fare arrendere i più scettici, è avvenuto ieri nel corso del meeting dell'American Astronomical Society.
L'evento, battezzato  GW151226, secondo la convenzione standard, è un evento tecnico, che ha una sua bellezza riservata agli addetti ai lavori, non così sfacciata come quella di GW150914: infatti non è visibile ad occhio nudo, ma è rivelabile solamente tramite le più sensibili tra le analisi a disposizione, ovvero quelle che sfruttano tutte le conoscenze a nostra disposizione sui collassi stellari.
Come nel caso del primo evento, anche stavolta si tratta di un'onda generata dalla coalescenza tra due buchi neri, ma di massa più piccola: si stima che stavolta i due buchi neri avessero una massa di 14 e 7.5 masse solari, mentre il buco nero risultante dal collasso ha una massa di quasi 21 masse solari. Nel collasso viene emessa circa una massa solare sotto forma di onde gravitazionali.
L'articolo che descrive l'evento si può trovare qui: in un prossimo post lo discuterò con maggior dettaglio.
E' il caso di ricordare  che LIGO ha registrato un terzo evento, non abbastanza forte da poter essere classificato con certezza come prodotto dall'onda gravitazionale (ed infatti il nome in codice è LVT151012) ma abbastanza da consentire uno studio comparato dei suoi parametri rispetti ai due eventi più blasonati.
L'articolo che effettua un confronto tra i tre eventi si trova qui, ed anche a questo dedicherò una analisi.
Il mondo della astronomia gravitazionale si sta facendo sempre più interessante, e sembra rispettare le attese: prevedo che presto ne vedremo delle belle!