lunedì 8 febbraio 2016

La ricerca delle onde gravitazionali

Weber al lavoro su una delle sue antenne.
La storia della ricerca delle onde gravitazionali comincia con un pioniere, Joseph Weber, che negli anni '60 comincia ad operare un rivelatore di propria concezione destinato a funzionare come antenna gravitazionale. Lo strumento è essenzialmente una barra di metallo sospesa: ci si aspetta che le onde gratazionali possano mettere in vibrazione la sbarra al loro arrivo. Il problema è ovviamente quello di distinguere le vibrazioni prodotte dalle onde gravitazionali dagli altri infiniti disturbi presenti nell'ambiente. Per questo motivo, Weber produsse altre sbarre, disposte in luoghi lontani tra di loro, in modo tale che solamente un'onda gravitazionale potesse metterle in risonanza tutte assieme: i disturbi locali avrebbero influenzato al massimo una sola delle sbarre.
Con il suo dispositivo, Weber riuscì nel 1968 ad osservare una serie di segnali coincidenti in due sbarre distanti 1000 Km,  e concluse di avere osservato degli autentici eventi di onde gravitazionali. L'annuncio lasciò spiazzata la comunità scientifica: all'epoca infatti non si avevano le idee chiare né sull'ampiezza attesa delle onde gravitazionali, né sull'effetto che avrebbero avuto sulla sbarra. Purtroppo, passato il primo entusiasmo, cominciarono i problemi: infatti non solo nessuno scienziato riuscì mai a riprodurre i risultati ottenuti da Weber, ma ci si rese conto inoltre che i segnali da lui rilevati avrebbero implicato delle onea gravitazionali di ampiezza irrealisticamente grande. In breve tempo le scoperte di Weber furono avvolte da un velo di incredulità. Tuttavia il suo lavoro non risultò inutile: si si accorse infatti che la rilevazione delle onde gravitazionali, se non proprio facile, era comunque una cosa fattibile. Inoltre, altre sbarre risonanti molto più sensibili di quelle di Weber vennero costruite: ad esempio, l'italiana AURIGA, tuttora in funzione. Purtroppo nessuno di questi rivelatori ha mai ottenuto alcun segnale inequivocabilmente riconducibile agli effetti di un'onda gravitazionale.

Nel 1974, tuttavia, gli scienziati  scoprirono qualcosa di più consistente degli evanescenti segnali di Weber: in quell'anno infatti gli americani Russell Hulse e Joseph Taylor riferirono la scoperta di una pulsar singolare: infatti il periodo della sua emissione radio non risultava costante, bensì variava ogni quasi otto ore. Hulse e Taylor conclusero correttamente come la pulsar dovesse essere la componente di un sistema binario: le variazioni di periodo erano infatti dovute al moto di rivoluzione intorno alla compagna invisibile. Una serie di misurazioni successive permisero di misurare non solo la massa della pulsar, pari a circa 1.4 masse solari, ma anche quella della compagna, che risultò essere una stella a neutroni molto simile ma senza emissione nel radio, ed inoltre tutti i parametri orbitali quali semiassi e inclinazione dell'orbita. Ma la cosa più spettacolare fu la scoperta che il periodo di rivoluzione del sistema aumentava in modo misurabile: in pratica, le due stelle stanno cadendo spiraleggiando l'una sull'altra. Non solo, ma la perdita di energia che dà origine alla caduta venne dimostrato essere uguale a quella prevista dalla relatività generale per emissione di onde gravitazionali! La pulsar, conosciuta col nome di PSR1913+16, fruttò ai suoi scopritori il premio Nobel per la fisica nel 1993. Ovviamente le onde gravitazionali emesse non sono direttamente rilevabili, a causa della loro bassissima frequenza, ma probabilmente lo saranno quelle emesse durante la loro coalescenza, tra circa 300 milioni di anni, sempre che ci sia qualcuno ad osservare.
Andamento del periodo della pulsar PSR 1913+16 in funzione del tempo. La linea continua rappresenta la previsione della relatività generale in base alla perdita di energia tramite onde gravitazionali. Fonte: Wikipedia

Nonostante il progredire della tecnica, le barre risonanti presentano comunque un difetto difficilmente superabile: sono rivelatori a banda stretta, ovvero sono estremamente sensibili solo in corrispondenza alla frequenza di oscillazione della sbarra. Questo vuol dire che, anche nel caso in cui un segnale di onda gravitazionale venisse rivelato, tutti i dettagli sulla sua forma verrebbero irrimediabilmente perduti. Per questo, a partire dalla fine degli anni '80, si è cominciata la progettazione e successivamente costruzione di rivelatori di nuova concezione, basati su uno strumento vecchio più di un secolo: l'interferometro di Michelson.
Il fisico statunitense Albert Abraham Michelson aveva inventato il suo strumento per cercare di misurare la velocità della Terra attraverso l'etere: il risultato nullo del suo esperimento era stato successivamente spiegato da Einstein tramite la teoria della relatività ristretta.
Schema dell'interferometro di Michelson. Fonte: Wikipedia
Il principio su cui si basa l'interferometro di Michelson è molto semplice: un fascio di luce monocromatica (una volta si adoperava una lampada al sodio, adesso si preferisce un fascio laser) viene separato in due tramite uno specchio semiriflettente (beam splitter); le due metà del fascio vengono inviate in direzioni ortogonali verso due specchi che le rimandano indietro, a ricombinarsi interferendo su uno schermo. I percorsi dei due semifasci lungo quelli che si chiamano i due bracci dell'interferometro non sono esattamente uguali: se differiscono di un multiplo inttero della lunghezza d'onda della luce adoperata, allora l'interferenza è costruttiva, e sullo schermo si osserva una macchia luminosa, mentre se la differenza è pari ad un multiplo intero di lunghezze d'onda, più mezza lunghezza d'onda, allora l'interferenza è distruttiva e non si osserva luce sullo schermo; ogni altra situazione produce una macchia di luminosità intermedia. In questo modo piccole variazioni della lunghezza dei bracci risultano in variazioni dalla luce al buio.
Lo schema adoperato per la rivelazione delle onde gravitazionali è essenzialmente questo ma gli specchi sono sospesi in modo da muoversi liberamente sotto l'effetto delle onde gravitazionali; inoltre i bracci sono lunghi diversi chilometri, in modo da amplificare la deformazione da osservare, e presentano degli specchi intermedi che riflettono più volte la luce aumentando la lunghezza effettiva dei bracci. Passare da un disegno base ad un rivelatore reale tuttavia richiede una serie di accorgimenti che spesso portano a soluzioni innovative e senza precedenti.
Il problema più grosso è quello di isolare gli specchi dai disturbi esterni, il principale dei quali è costituito dai microscopici disturbi esterni dovuti ai movimenti del terreno: per questo motivo, gli specchi vanno montati su speciali sospensioni isolanti. Inoltre è necessario che il laser viaggi nel vuoto perché una qualunque piccola variazione di densità nell'aria porterebbe a variazioni significative del tempo impiegato dalla luce a percorrere i due bracci, simulando una variazione di lunghezza: per questo motivo, i bracci dell'interferometro vanno racchiusi entro tubi di acciaio a tenuta stagna nei quali l'aria va eliminata.
Un altro problema di difficile soluzione è quello di tenere allineato l'interferometro: infatti gli specchi sono di dimensioni ridotte (diametri dell'ordine di qualche decina di cm)  e vanno centrati da una distanza di qualche km. Un piccolo disallineamento del laser, anche di pochi millesimi di grado, o del beam splitter o degli specchi terminali impedisce all'interferometro di funzionare. Per questo è presente un sofisticato sistema di controllo in grado di tenere allineati i vari componenti, e di riallinearli automaticamente in caso di problemi. Anche la forma degli specchi deve essere tenuta accuratamente sotto controllo, per far si che il raggio laser torni indietro esattamente nel punto da cui era partito, ed ogni rugosità e granello di polvere va eliminata per evitare che la luce del laser si sparpagli in giro in ogni direzione.
La costruzione degli interferometri per la rivelazione delle onde gravitazionali è pertanto un compito formidabile, che richiede l'applicazione delle migliori tecnologie, e quando è il caso, l'invenzione di nuove. Ogni tanto, raramente, qualcosa è andato storto, ma fino ad adesso i fisici sono stati in grado di costruire una serie di interferometri funzionanti secondo le specifiche anche se non ancora abbastanza sensibili da rivelare un segnale in forma non ambigua. Ma dei rivelatori esistenti parleremo nella prossima puntata.



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